Cappella Gallieri: le ultime volontà di un mercante

“Ugualmente volle, comandò ed ordinò che nel luogo che gli deve essere concesso dal Venerando Prevosto Arciprete e dai Canonici della Chiesa Collegiata della Beata Maria di Chieri e da quelli cui competa o competerà in detta Chiesa di S. Maria siano spesi duecento e quaranta scudi d’oro per la costruzione della vòlta della Cappella e delle pitture della stessa Cappella, alla quale volle che fosse costruita la vòlta e che volle affresca bene ed egregiamente con detti duecento e quaranta scudi e che quella Cappella munita di vòlta e dipinta fosse intitolata al B. Giovanni Battista…”

Con questo passo tratto dalle sue disposizioni testamentarie, un chierese commissiona nel quindicesimo secolo una cappella incastonata nel Duomo di Chieri, intitolandola a san Giovanni Battista decollato. Il testatore è Guglielmo Gallieri, aristocratico, mercante e banchiere chierese. Infermo nel corpo, ma non nella mente – così dettava lui nel suo testamento – predispone anche sulla futura manutenzione della cappella, oltre che sulla realizzazione di tutti gli elementi strumentali alle liturgie. Il testamento risale al 13 marzo del 1413 ed è completato con un codicillo datato 2 aprile 1414. I dati arrivano dall’Archivio Storico del Comune di Chieri, presso cui sono conservate copie autentiche di origine cinquecentesca.

Codicillo del 2 aprile 1414 fatto dal Nobile Gallieri al suo testamento del 13/3/1413 (Archivio Comunale)

I contenuti del testamento sono variegati e offrono un’importante testimonianza sull’attenzione dell’uomo medievale alla salvezza della propria anima e alla remissione dei peccati. Gallieri, infatti, precisa che: “vengano ridate e restituite tutte e singolarmente quelle cose che siano arrivate nelle sue mani o in quelle di un altro, a nome suo, da una qualsiasi fonte illecita ed indebita…”. Comanda inoltre che “per la sua anima in remissione dei suoi peccati si cerchino dieci vergini povere, e nulla tenenti, che siano da sposarsi, alle quali volle che si dessero ed offrissero cinque scudi d’oro regio…”.

La cappella Gallieri

Gli esecutori testamentari del Gallieri realizzano le sue volontà e la cappella viene costruita fra il 1414 e il 1418 nella chiesa Collegiata di Santa Maria della Scala di Chieri. Posizionata alla base del campanile, è affrescata con sequenze della vita di Giovanni Battista. Il nobile mercante, nel prevedere l’acquisto di: “un messale, un pianeta sacerdotale, un camice e tutti quegli altri oggetti necessari all’altare” ambisce a realizzare la celebrazione, ogni giorno, di una messa in suo suffragio. La cappella cadde progressivamente in disuso, fino a essere definitivamente sconsacrata e adibita a deposito nel 1584.
Gli affreschi, recuperati con interventi di restauro nel secolo scorso, sono oggi osservabili nel loro antico splendore. La volta del soffitto a crociera presenta nelle sue vele i quattro Evangelisti. Le pareti, ordinate in senso orario a partire da quella che fronteggia l’ingresso, ripercorrono la vita del santo dalla sua nascita, al battesimo di Gesù, fino alla sua decapitazione e sepoltura. Il ciclo è impreziosito dalle rappresentazioni dei busti di alcuni profeti. Ben rappresentato all’interno della Cappella è anche lo stemma della famiglia Gallieri.

Banchetto di Erode (particolare)
Nascita del Battista

Come visitare la cappella Gallieri

Il sito non è sempre accessibile e la sua visita è contestualizzata in alcune aperture speciali, promosse dall’associazione Carreum Potentia. Anche la nostra associazione ha partecipato attivamente alla sua promozione, organizzando una serie di visite guidate che hanno interessato tutto il duomo di Chieri. La Cappella Gallieri, il Battistero e la Cripta hanno rappresentato una cornice unica all’interno del quale tratteggiare la rilevanza del patrimonio artistico ivi contenuto, oltre a narrare l’importanza di Chieri nell’ambito della storia medievale.  

Visite animate alla Collegiata di Santa Maria della Scala, cappella Gallieri, settembre 2018

Per maggiori informazioni:

http://www.jaquerio.afom.it/chieri-to-duomo-cappella-gallieri/

http://www.jaquerio.afom.it/wp-content/uploads/Gli_affreschi_della_cappella_dei_Gallieri-di-Chiara-Zoia.pdf

http://archeocarta.org/wp-content/uploads/2014/11/Tecniche_di_pittura_murale_a_confronto..pdf 

2×1000 alle Associazioni Culturali

Quest’anno, in fase di compilazione della dichiarazione dei redditi, sarà possibile destinare il 2×1000 dell’Irpef alle associazioni culturali iscritte nell’apposito elenco istituito presso il Ministero dei Beni Culturali, tra cui è presente anche la nostra Associazione Culturale Speculum Historiae.
Potete destinare il vostro 2×1000 per sostenere ed aiutare a crescere SH indicando nell’apposito spazio il codice fiscale 97711540019.

Grazie a tutti!

In copertina: Français 162, fol. 165, Saint Matthieu percepteur

Gli strumenti del cuoco: il forchettone per la carne

Quando si sceglie di ricostruire una cucina medievale c’è la necessità, quanto meno al principio dell’attività, di scendere a compromessi con i tempi moderni, in termini di reperibilità delle materie prime e loro effettiva utilizzabilità nel contesto di ricostruzione. Ad esempio, per motivi di praticità ci si può trovare a utilizzare l’olio d’oliva anziché lo strutto, l’olio di mandorle o di noci, come invece era uso in area pedemontana tra il XIV e il XV secolo. La motivazione non è solamente logistica, ma anche economica: la reperibilità di determinati ingredienti è limitata e il loro costo è alto, dal momento che sono in disuso e riaffiorati sulle nostre tavole soltanto di recente. Allo stesso modo, per moderni motivi igienico-sanitari, le padelle e le caldaie, cioè i pentoloni in rame, sono stagnate e il fuoco per cucinare è sollevato da terra per evitare conseguenze spiacevoli.
Gli stessi limiti, fortunatamente, non si pongono per quanto riguarda la strumentazione: le fonti archeologiche e iconografiche ci hanno lasciato sufficienti tracce per tentare di ricostruire in modo puntuale moltissimi strumenti tipici della cucina: tra questi coltelli, piatti, versatoi e molto altro. Questa volta abbiamo deciso di ricostruire, all’interno del progetto associativo dedicato all’alimentazione, un gancio per carni o “forchettone”, atto a estrarre la carne bollita dai calderoni.

Dall’idea alla raccolta delle fonti storiche

L’ispirazione per il progetto è nata dall’iconografia dei Racconti di Canterbury, dove ne Il prologo del cuoco e Racconto è raffigurato un uomo a cavallo che indossa un grembiule impugna il gancio a testimonianza della sua professione.
Il passo successivo è stato la ricerca di reperti che potessero aiutarci a capire la forma dello strumento (e quindi darci una mano a capire come ricostruirlo). Il forchettone può contare di molte testimonianze, sia iconografiche che archeologiche.

Lo vediamo a partire dall’arazzo di Bayeux, conservato e in mostra oggi al musée de la tapisserie de Bayeux; inoltre, è possibile osservare in dettaglio il manico dello strumento di una pagina della Bibbia Morgan.

Arazzo di Bayeux, circa 1070-1080. Musée de la tapisserie de Bayeux (Francia)
L’ispirazione per il manico: MS M.638, fol. 20r, dettaglio. Morgan Library, New York

Abbiamo messo a paragone le immagini con due reperti di forchettone: uno di questi è conservato al British Museum di Londra. Il reperto, in particolare, è di ferro ed è stato catalogato dei curatori del museo come di epoca romana e di provenienza britannica. L’altro reperto è conservato al Musée Départemental des Antiquités di Rouen (Francia): lungo 42 cm, è anch’esso di ferro e datato dai curatori come di epoca gallo-romana.

Il reperto di forchettone da carne di epoca romana conservato al British Museum. Numero di catalogo: 1856,0701.2646
Il reperto (croc à viande ou fourchette à chaudron) conservato al Musée Départemental des Antiquités di Rouen

La realizzazione del forchettone

 

Radunate tutte le fonti, ci siamo affidati alla Bottega del Ferro di Mastro Corradin per la realizzazione pratica dell’oggetto. Il risultato finale è un voluto assemblaggio di reperti da diverse epoche, ad attestare la longevità e le trasformazioni nel corso delle diverse epoche storiche di questo strumento: il manico rappresenta le origini gallo-romane, la cui struttura si è mantenuta almeno sino alla metà del XIII secolo; i tre rebbi, a testimoniare il cambiamento avvenuto tra XIV e XV secolo, il periodo scelto dalla nostra Associazione in cui ambientare i nostri progetti ricostruttivi; infine, le forme arrotondate raccontano e ricordano la forma “pigtail” (a codina di maiale) che il gancio presenta ai giorni nostri e con cui viene usato per girare le bistecche sulla griglia.

Le fasi preliminari della lavorazione: l’aggiunta dei due denti sulla struttura di ferro principale
La curvatura dei denti
L’ultima fase: l’assemblaggio del forchettone con il manico
Forchettoni: il risultato finale

La ricostruzione ottenuta ci ha offerto nuovi spunti (e… agganci) per approfondire, ma soprattutto per assaggiare, la cucina medievale a base di carne, alla base della quale si strutturano moltissime ricette, soprattutto risalenti all’epoca da noi approfondita, a noi arrivate.