Viennese: ricostruzione di una moneta

Ci siamo cimentati nella riproduzione del Viennese, una moneta coniata nel periodo comitale (1391-1416) per volere di Amedeo VIII di Savoia; il suo nome deriva dal paese francese di Vienne, nel dipartimento dell’Isère.

Vienne è attualmente un paese di circa 30.000 abitanti situato nella regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi

Originariamente composta di una mistura di metalli poveri, con una piccola percentuale d’argento, il diametro si aggirava intorno ai 18 mm e aveva un peso che poteva variare da 0,60 a 1,15 grammi. Al periodo si stima che una singola moneta potesse valere diversi stai di grano. Il Dritto riporta al centro la scritta “FERT” in gotico minuscolo, motto di casa Savoia; intorno “AMEDEUS COMES”. Fu inciso da Giovanni Raffano, coniatore della zecca di Chambery, che si firmava con due anellini affiancati. Il Verso riporta al centro una croce piana e intorno “DE SABAUDIE”: Dei Savoia. Quest’ultimo fu invece fatto da Giovanni Rezzetto, zecchiere di Nyon, e si distingue dalle due lance incrociate.

Le monete dopo il conio e dopo un trattamento con inchiostro per favorire la lettura dei caratteri

Viennese: le due facce della moneta

Per la realizzazione del nostro stampo, le facce digitalizzate di una moneta originale sono state incise su due conii in acciaio temprato; questi ultimi sono poi stati assemblati su basi in acciaio al carbonio. Lo stampo può essere utilizzato “a botta”, cioè con un colpo deciso con martello, oppure “a pressione”, utilizzando un torchio. Le riproduzioni nelle immagini sono state coniate a botta. Abbiamo scelto il metallo dei tondelli in base a duttilità e peso, in modo tale da avvicinarci il più possibile alle monete originali.

(14–) Tecniche di coniatura, Chiesa di Santa Barbara. Kutná Hora, Repubblica Ceca

Sin verso il 1300 la moneta più usata in terre sabaude era la lira (libra), che si divideva in 20 soldi (solidi) e il soldo in 12 danari. Dopo la moneta più usata divenne il fiorino, anch’esso diviso in 20 soldi e il soldo in 12 danari. Il valore delle monete cambiava a ogni battitura, a causa delle diverse miscele di metallo impiegate: per ogni battitura doveva essere necessario determinare il rapporto del fino impiegato con la moneta base, creando una serie di “varianti” che generavano parecchia confusione. 

All’epoca di Amedeo VI, la lira viennese era la più diffusa; poi venne introdotta la viennese buona, poi la debole, di cui 24 soldi facevano 20 soldi buoni; poi la lira secusina (Susa), l’astese, più debole delle altre, perchè ci volevano 3 lire astesi per 2 lire viennesi. Sotto Amedeo VI, Casa Savoia adottò come base il denaro grosso torinese (denarius grossorum turonensium) di Tours. 20 soldi grossi formavano il fiorino di piccolo peso. A sua volta il soldo tornese valeva 4 soldi quarti, 8 soldi forti, 12 soldi bianchetti, 16 soldi viennesi etc. 

Nelle altre Contee correvano altre monete. Asti, Savigliano, Cuneo, Mondovì usavano perlopiù il denaro Astese: Ivrea, Chivasso, Santhià adottarono l’imperiale; una parte del biellese, a Vinai, Garessio e nelle Langhe si usarono i genovini; nel contado di Nizza, oltre i grossi, correvano i danari rinforzati o coronati

Per ulteriori informazioni:

J. Jaccod, La comptabilité d’Amédée VI dit le Comte Vert (1377-82), in “Bulletin de l’Académie St. Anselme”, 25 (1939).

A. Barbero, Il ducato di Savoia: Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano. GLF editori Laterza (2002).